Monteverdi è un Pinot Noir

ovvero

Di come il vino moderno possa sonar crudo tale all’armonia d’un madrigale e di come l’abitudine ci renda tolleranti a tutte le asprezze.

Qualche sera fa bevevo insieme a un’amica un Pinot Noir di un certo pregio, e già nell’aprire la bottiglia pregustavo tutta l’eleganza e la delicatezza dell’Alsazia. Ahimé, non potete immaginare qual terrore si è palesato sul mio viso quando ne ho scoperto il carattere tanto aspro e deciso che una mela acerba non è da meno. Ho rimpianto quei buoni vini italiani il cui pregio è l’armonia perfetta, le sensazioni che si uniscono equilibratamente senza coprirsi a vicenda, con fare discreto. Fatico invece ad apprezzare un Pinot Noir così diretto e scortese. Ma poi ho pensato che i francesi sul vino non sono certo dilettanti, e neppure chi mi ha consigliato la bottiglia, ci dev’essere una ragione… forse in Francia la fase del classicismo, dove tutto dev’essere ben equilibrato, l’hanno già passata e ora si permettono di fare qualcosa di nuovo, forse sono io a non saper distinguere il cattivo gusto dall’avanguardia. Così mi è venuto in mente Cruda Amarilli.

Cruda Amarilli è un madrigale di Monteverdi, forse uno dei più conosciuti. Siamo agli inizi del seicento e il gusto per l’armonia si sta sviluppando rapidamente, in particolare in Italia. Il tutto è però inquadrato da regole sensate ed eleganti ma un poco asettiche: ogni dissonanza va evitata o, perlomeno, preparata (cioè addolcita). Claudio Monteverdi è già un artista affermato, di madrigali ne ha scritti a bizzeffe, e forse si sente un po’ annoiato da queste regole. Iniziano a balenargli nella testa idee nuove.

Ora la gentil lettrice e il cortese lettore a buona ragione esclameranno: «D’accordo, d’accordo—ma che accidenti è un madrigale?». Tocca fare un passo indietro… Il madrigale è una forma poetica, in sostanza una manciata di endecasillabi gettati con fare disinvolto, purché alla fine ci siano due versi in rima baciata (un distico, preciserà boriosamente chi ha studiato al classico). È profano, popolareggiante e fatto per essere musicato; si presta a ogni occasione, platonico, carnale o burlesco, per cena, pranzo o colazione. Nonostante le origini basse, tutta questa libertà gli conferisce un’immediatezza espressiva che viene apprezzata anche nella letteratura più colta, tant’è che Petrarca ne infila quattro nel Canzoniere.

Non al suo amante piú Dïana piacque,
quando per tal ventura tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque,

ch’a me la pastorella alpestra et cruda
posta a bagnar un leggiadretto velo,
ch’a l’aura il vago et biondo capel chiuda,

tal che mi fece, or quand’egli arde ’l cielo,
tutto tremar d’un amoroso gielo.

E la musica? Oh, i bravi musici prenderanno un poco di voci—diciamo almeno un paio—e poi con il canto seguiranno le emozioni trovate nel testo poetico. Insomma se Petrarca trema d’un amoroso gelo, allora dovranno tremare anche i cantanti—e a nulla serviranno sciarpe o cappotti: la partitura si riempirà di mordenti e gruppetti. E mi raccomando, niente dissonanze improvvise!

In verità dal trecento al seicento il madrigale si evolve, le voci si moltiplicano, il contrappunto e gli espedienti tecnici diventano elaboratissimi, raggiungendo una drammaticità sublime, che pur conserva una marmorea levigatezza di forma. L’artista che incarna tutta questa soavità è Luca Marenzio. Di lui Massimo Mila scrive:

La sottile fusione di parola e musica in un gioco di reciproche interferenze e reazioni fa di lui il più perfetto esempio di quel petrarchismo sonoro che fu il madrigale.

In effetti, possiamo ascoltare il madrigale di Petrarca citato sopra messo in musica proprio da Marenzio.

Ed eccoci quindi tornati a Monteverdi, che di tutto questo è stanco… e decide di rompere con la tradizione. Addio educati giochi di voci e parole! Addio Pinot Noir bilanciati ed eleganti! Monteverdi vuol andare dritto al significato e qualsiasi mezzo è concesso. Se cruda è la bella Amarilli, che aspri e dissonanti siano gli accordi che l’accompagnano, e se il Pinot Noir è un vitigno acido, che esprima tutta la sua asprezza senza pudore!
Il testo è centrale e non dev’essere messo in ombra dai troppi intrecci musicali, il contrappunto lascia spazio all’armonia e la drammaticità riprende un tratto più umano, mortale. Niente più delicati addolcimenti, solo schietta sincerità.

Come capita spesso, Cruda Amarilli conquista la sua fama soprattutto grazie al vociferare delle critiche. In effetti la reazione non si fa attendere: ancor prima che il madrigale in questione venga ufficialmente pubblicato, Giovanni Maria Artusi lo inserisce nel suo trattato Delle imperfettioni della moderna musica come esempio di composizione sbagliata, sottolineandone tutti quelli che considera difetti. E Artusi non è uno qualsiasi, bensì l’allievo di Gioseffo Zarlino, uno dei più importanti teorici musicali della storia—con un nome così non poteva essere altrimenti.

Li nostri vecchi non insegnorno mai, che le settime si dovessero usare cosi assolute & scoperte […] perche non dano gratia alle Cantilene; & come poco fa vi dissi non ha la parte acuta corrispondenza, al suo tutto, principio, e fondamento.

Alcuni passaggi da Cruda Amarilli riportati nel trattato di Artusi
Alcuni passaggi di Cruda Amarilli riportati nel trattato di Artusi

Artusi difende l’arte degli «Antichi» scagliandosi contro le asprezze introdotte da Monteverdi, e a tratti sembra proprio che stia parlando del mio Pinot.

Signor Luca voi mi apportate cose nuove, che mi dano non poca meraviglia; & mi piace à giorni miei, vedere nuovo modo di comporre; ma molto più mi piacerebbe s’io vedessi che questi Passaggi fossero fondati sopra di qualche ragione che acquietare potesse, lo intelletto; ma per Castelli in Aria, chimere fondate sopra l’Arena non mi piacciono, sono degne di biasimo queste novità, non di lode.

Dove sono finiti gli elementi, le regole, i precetti sui quali si fondano l’arte e il buon vino? A questi moderni artisti «basta di fare un romore di suoni, una confusione d’impertinentie […] e ’l tutto nasce da questa ignoranza, dalla quale sono offuscati».

Monteverdi non gradisce troppo che la sua opera venga presa come modello delle «imperfezioni della moderna musica» né tantomeno l’essere definito ignorante, ma ormai ha lasciato da parte le buone maniere: non si prende nemmeno la briga di replicare. Appena pubblica il suo Quinto libro de madrigali però, ecco che aggiunge una piccola nota per gli «studiosi lettori» nella quale afferma che è troppo indaffarato per rispondere all’Artusi, e cionondiméno presto darà alle stampe una sua replica («per far conoscer ch’io non faccio le cose à caso») dal titolo Perfettione della moderna musica—vi ricorda qualcosa? Ah, e volete indovinare con quale madrigale si apre la raccolta? Già, proprio Cruda Amarilli… Insomma, a Monteverdi non mancava certo lo spirito.

La nota agli «studiosi lettori» e l’indice dei madrigali dal Quinto Libro de Madrigali di Claudio Monteverdi
La nota agli «studiosi lettori» e l’indice dei madrigali dal Quinto Libro de Madrigali di Claudio Monteverdi

La storia non darà seguito all’Artusi, le regole saranno rilassate di fronte alla ricerca di una nuova espressività, il madrigale raggiungerà il suo apice e tuttavia con Monteverdi incontrerà anche la sua fine. Gli elaborati giochi contrappuntistici delle voci saranno accantonati per lasciare spazio a una sola linea melodica e il madrigale trapasserà nella monodia accompagnata. Sta per nascere l’opera.

L’abitudine, rubando le parole di Cortázar, lecca le cose fino a dargli una soddisfacente levigatezza, così in breve tempo anche le asprezze di Cruda Amarilli smetteranno di scandalizzare, rendendo necessario trovare nuove regole e nuove dissonanze.

In effetti, nemmeno la mia bottiglia di Pinot Noir è arrivata a vedere la luce del mattino.

Cruda Amarilli, che col nome ancora,
d’amar, ahi lasso! amaramente insegni;

Amarilli, del candido ligustro
più candida e più bella,
ma de l’aspido sordo
e più sorda e più fera e più fugace;

Poi che col dir t’offendo,
i’ mi morrò tacendo.

Ringraziamenti

Commenti, critiche o correzioni sono molto graditi! Tant’è che ringrazio espressamente Michela, Diego e Giordano per le attenzioni che hanno dedicato a limare e rassettare la mia scrittura arrugginita. E chiaramente Hélène per aver condiviso il Pinot Noir.

Riferimenti bibliografici